Sono psicoterapeuta e insegnante di educazione fisica.

Queste note sono un breve racconto di vita da prof. e psicologa ai tempi del Covid-19.

CONFESSIONI DA QUARANTENA

EPISODIO 1

Non sono stata molto sui social in passato, mi sa che ho fatto un po’ la snob, credo … temo.

Beh, ora mi ritrovo qui a parlare di me e delle mie professioni.

Sono insegnante di scienze motorie (per tutti prof di ginnastica!) e psicoterapeuta.

Per me, questo abbinamento è naturale, ma ho sempre fatto un po’ fatica a spiegarlo!

Così, scrivendo, parlo di come possiamo arrivare alla mente passando dal corpo e di come ritrovare il corpo partendo dalla mente.

Con un obiettivo: raccontare di come sia importante cercare il proprio modo di star bene e come farlo.

Ogni tanto scherzo parlando delle mie 2 personalità (come tanti psicologi ironizzo sulle mie nevrosi!): ci sono mattine in cui indosso tuta e scarpe da ginnastica e porto la mia classe in palestra e altre in cui mi trucco, mi vesto elegante (azzardo anche i tacchi), vado in studio e incontro i miei pazienti.

Ora, in quarantena, è un po’ diverso ma cambio abbigliamento quando mi metto davanti allo schermo: tuta per la DAD (didattica a distanza) e qualcosa di più elegante per le sedute (niente tacchi, però!)

EPISODIO 2: la mia vita da prof a distanza

Difficoltà/opportunità della famigerata DAD (la didattica a distanza)

Questa cosa ENORME che sta succedendo non se l’aspettava nessuno e ancora non riesco a dirne molto, per cui la sorvolo e parto direttamente dalla domanda nata quando abbiamo capito che il rientro a scuola sarebbe arrivato tardi… molto tardi: “e allora che si fa?”

Immediatamente mi rispondo con “come posso vederli (i miei studenti)?”

L’altra professione mi aiuta: ho già fatto sedute online anche pre-coronavirus: mi so adeguare al cambio di setting e lo posso fare anche qua.

Procedo: trovo la piattaforma e da brava prof inizio a mandare un po’ di materiale specificando che non sarà oggetto di valutazione (non posso sempre minacciarli con il voto per avere la loro attenzione) e poi li convoco.

E si presentano tutti (o quasi) on line: qualche difficoltà di connessione,

per fortuna stanno bene e così i loro cari, sento le loro voci, voglio vedere le loro facce: lamentandosi si palesano per pochissimo, giusto il tempo di farmi contenta.

Li trovo nel buio, con la barba (i ragazzi!), con strane pettinature e unghie improponibili, in pigiama, incappucciati, sul divano, nel giardino, in compagnia di cani e gatti.

Mi fanno veramente divertire (mi capita spesso!)

Mi parlano uno per volta, confessano di odiarmi per la levataccia (lezione alle 9! Ma ormai han perso i ritmi della scuola… passati solo 10 giorni!), mi chiedono come sto e come va.

Mi fanno sorridere e mi fanno anche tenerezza!

Ok, in un modo o nell’altro la relazione è ripristinata: io ci sono ancora e loro anche.

Si riparte.

Per me, anche se faccio fare ginnastica, insegnare è stare in relazione.

Poi si può anche riprendere il programma, in un modo o nell’altro.

L’altro lavoro mi aiuta un po’!

EPISODIO 3 la psy: le sedute online, per forza

Oddio, l’ordinanza ci tiene a casa…

forse potrei andare in studio ma non me la sento di far muovere i pazienti e io neanche mi sento così sicura…

Cosa faccio?

Esclusa la presenza, opto per l’online, d’altronde quando è stato necessario l’ho già fatto!

Mando l’avviso a tutti, molto formale e con la rassicurazione che non mi improvviso. Ottengo risposte abbastanza naturali:

qualcuno accetta subito.

Qualcuno è un po’ dubbioso,

qualcuno non può perché la convivenza non concede uno spazio riservato,

qualcuno rifiuta.

Io non forzo nulla, la terapia controvoglia proprio non ha senso, comunico che rispetto la scelta e avverto che ogni tanto mi farò sentire per sapere come va…

la situazione è così anomala e imprevedibile.

Non faccio ipotesi su queste diverse risposte e se arrivano le lascio cadere, non è così importante ora.

E poi i miei pazienti hanno scelto tutti di venire, nessuno li ha obbligati se non le situazioni in cui si sono trovati e la voglia di fare qualcosa per sé.

Professo l’ascolto e il rispetto dei tempi è alla base del mio lavoro.

Non posso né voglio né credo che forzare sia la via giusta, figuriamoci in questo periodo. La terapia non è mai comandata da me.

Li contatto ogni tanto, così pensando a me fanno un piccolo check su di sé che è sempre utile!

E invece inizio l’avventura delle sedute via Skype con chi ha deciso di continuare.

C’è la distanza, il mezzo è la tecnologia che ogni tanto diventa un po’ troppo protagonista ma ci permette comunque di parlare del loro mondo.

Loro entrano un po’ di più nel mio.

E anche il mondo fuori richiama così potentemente la nostra attenzione.

Mai però in modo scontato e nemmeno prevedibile.

La vita è il nostro campo da gioco, lì si svolgono allenamenti e partite.

La terapia continua anche online per trovare il modo di stare in campo.

EPISODIO 4 … IO

Scherzavo sulle mie 2 personalità ma ora ne presento un’altra.

Ci sono io, né la prof né la psicoterapeuta.

Io e basta, faccio un bel lavoro, questo sì ma come tutti, vivo anche.

In questa quarantena ho ritrovato il corpo, il mio.

L’avevo lasciato in sospeso per fare altro.

Ora, questa situazione, con tutta la sua complessità e pericolosità, mi ha riportato al mio primo amore.

Obbligo? Opportunità?  O entrambi?

… fatto sta che alle prime luci dell’alba mi sveglio e comincio a muovermi.

Ho iniziato gradatamente: STRANO!

Tante volte ho provato a riprendere seriamente ma il ricordo di come ero prima, la mia natura ribelle alla metodicità, mi ha sempre messo fretta e così, esageravo e la troppa fatica mista a un filo di orgoglio ferito mi ha sempre fatto desistere, e poi… non avevo tempo!

Adesso no.

In questi strani giorni mi sto prendendo cura dei miei limiti, sto salvaguardando le mie ginocchia (i miei punti deboli…), tollerando, non senza preoccupazioni, la mia instabilità e la mia ruggine.

Sto, lentamente, ritornando a casa.

Lentamente è la novità.

La casa è dove abito da sempre e che potrei aver trascurato.

Ma è sempre lì, è una sicurezza.

Ritrovo sensazioni dimenticate, lì mi sono sentita bene tante volte, mi sono sentita forte, capace, bella ma anche brutta, fragile, inadeguata…

Ma mi sono sentita ME e da lì mi sono mossa.

Non so ancora se manterrò questa buona abitudine (se saprò concedermelo senza la “scusa” della quarantena) ma ora me lo posso permettere.

Ora mi aiuta perché muovermi per me è sempre stato naturale,

ho ritrovato qualcosa che è proprio mio.

Lo so, l’ho studiato, lo racconto, lo faccio cercare ai miei pazienti per ritornare ad aver cura di sé.

Riconoscere qualcosa di nostro e seguirlo è la via più naturale per il benessere.